Capitolo 16 del Laozi

Testo cinese

zhìshǒujìng
wànbìngzuòguān
yúnyúnguīgēn
guīgēnyuējìngjìngyuēmìngmìngyuēchángzhīchángyuēmíng
zhīchángwàngzuòxiōng
zhīchángróngróngnénggōnggōngnéngwángwángnéngtiāntiānnéngdàodàonéngjiǔshēndài

Traduzione

Colui che è giunto al culmine del vuoto custodisce saldamente la quiete.
Le diecimila creature nascono insieme; poi le vedo tornare indietro.
Dopo essere state in uno stato fiorente, ognuna di esse ritorna alla sua origine.
Tornare alla propria origine si chiama essere in quiete.
Essere in quiete si chiama tornare alla vita.
Tornare alla vita si chiama essere costante.
Sapere essere costante si chiama essere illuminato.
Colui che non sa essere costante si abbandona al disordine e si attira sventure.
Colui che sa essere costante ha un’anima ampia.
Colui che ha un’anima ampia è giusto.
Colui che è giusto diventa re.
Colui che è re si associa al cielo.
Colui che si associa al cielo imita il Tao.
Colui che imita il Tao persiste a lungo; fino alla fine della sua vita, non è esposto a nessun pericolo.

Note

E: Il vuoto (, ) e la quiete (, jìng) sono la radice (la base) della nostra natura. Dopo aver ricevuto la vita, ci lasciamo trasportare dalle cose sensibili e dimentichiamo la nostra radice. Allora siamo ben lontani dall’essere vuoti e tranquilli. Per questo colui che pratica il (Dào) si libera dagli esseri (lett. «dalle esistenze, o dall’essere») per giungere al vuoto; si libera dal movimento per giungere alla quiete. Continua a liberarsene sempre di più, e così arriva al culmine del vuoto e della quiete. Allora i suoi desideri privati scompaiono completamente e può tornare allo stato primitivo della sua natura. Ora, il vuoto e la quiete non sono due cose distinte. Non si è mai visto qualcosa di vuoto che non fosse in quiete, né qualcosa in quiete che non fosse vuoto. Il filosofo 关尹子 (Guānyǐnzǐ) dice: Se ci si muove, si perde il proprio equilibrio; se si rimane in quiete, si possiede se stessi. Il (Dào) non è lontano da noi, eppure è difficile raggiungerne la vetta. Abita con gli uomini, eppure è difficile ottenerlo. Se ci rendiamo vuoti dai nostri desideri (cioè se ci spogliamo dei nostri desideri), lo spirito entrerà nella sua dimora. Se espelliamo ogni impurità (dal nostro cuore), lo spirito vi fisserà la sua residenza.

Lo stesso filosofo dice ancora: Il vuoto non è isolato dall’uomo (non è fuori dalla sua portata); ma solo il Santo sa trovare la via del vuoto (sa rendere il proprio cuore completamente vuoto). Per questo 关尹子 (Guānyǐnzǐ) dice: sebbene dimori con loro, hanno difficoltà a ottenerlo.

E: Lo spirito (, shén) è l’essere più onorevole. Se un albergo non è perfettamente pulito, un uomo onorevole rifiuterà di abitarvi. Per questo si dice: Se (il cuore) non è perfettamente puro, lo spirito non vi risiederà.

E: L’espressione 并作 (bìng zuò) significa «nascono tutti insieme». (王弼: Wáng Bì) 老子 (Lǎozǐ) non li vede nascere, ma li vede tornare indietro. [] spiega la parola (zuò) con (dòng) «mettersi in movimento». 老子 (Lǎozǐ) intende (E) che gli esseri si mettono in movimento (crescono per raggiungere il loro sviluppo) e alla fine ritornano alla loro radice, cioè all’origine da cui sono usciti.

老子 (Lǎozǐ) (E) vuole mettere in luce l’arte di (lett. «la via da seguire per») conservare la quiete; per questo si serve di prove tratte dagli oggetti sensibili per spiegare il suo pensiero.

Secondo C, la parola 云云 (yún yún) si dice qui delle piante e degli alberi che vegetano con abbondanza; ma è meglio applicarla, con E, all’attività vitale di tutti gli esseri. Il movimento (vitale) nasce dalla quiete. Dopo essere stati in movimento, tutti gli esseri ritornano necessariamente alla quiete, perché la quiete è come la loro radice (cioè, è la loro origine). È per questo che si dice che tornare alla propria radice è entrare in quiete.

E: Nella nascita, l’uomo è calma (non ha ancora passioni): è proprio della natura che ha ricevuto dal cielo. Se conserva la quiete, può tornare al suo stato primitivo. Se si mette in movimento, insegue le cose sensibili e la perde (perde questa calma innata). Si vede così che restare in quiete è tornare alla vita. (Si è detto prima che il movimento (vitale) nasce dalla quiete.)

Ogni volta che si pianta un albero, dice il commentatore 乌尤卿 (Wū Yóuqīng), in primavera e in estate, la vita parte dalla radice, sale e si estende ai rami e alle foglie. Questo si chiama (dòng) o il loro movimento. In autunno e in inverno, la vita scende dall’alto, ritorna e si nasconde nella radice. Questo si chiama (jìng) o la loro quiete.

Penso, dice il commentatore 司马迁 (Sīmǎ Qiān) (E), che diversi interpreti abbiano applicato questo (queste parole movimento e quiete) alle piante e agli alberi, perché hanno visto nel testo le parole 归根 (guī gēn), lett. «tornare alla propria radice». Ma queste parole corrispondono al passaggio precedente: «le diecimila creature crescono insieme». L’autore esamina in generale il principio di tutti gli esseri, e certamente non è permesso dire che designi particolarmente le piante e gli alberi.

E: Nel mondo, ci sono solo i principi della vita spirituale (神明, shénmíng) che sono costanti. Tutte le altre cose sono soggette al cambiamento; sono incostanti. Colui che possiede il (Dào) conserva il suo spirito con la quiete; le grandi vicissitudini della vita e della morte non possono cambiarlo. Colui che può tornare al principio della sua vita si chiama costante. Ma colui che non può tornare al principio della sua vita si perverte e rotola a caso, come se fosse trascinato dalle onde. Che cosa può avere di costante?

E: Si vede così che coloro che non sanno essere costanti sono immersi nella cecità.

E: Poiché coloro che non sanno essere costanti si abbandonano al disordine e si attirano sventure, si vede che coloro che sanno essere costanti sono retti e felici.

E: Colui che non sa essere costante non può rendere vuoto il proprio cuore per contenere e abbracciare gli esseri. Ma colui che sa essere costante ha un cuore immensamente vuoto (lett. «come il 太虚, tàixū»). Non c’è un solo essere che non possa contenere e sopportare. Ma colui che non può contenerli e sopportarli ha vie strette (lett. «il suo è stretto», Dào xiá). Può concedere piccoli benefici, e non può mostrare una grande equità. Colui che può contenere e sopportare gli esseri è immensamente giusto ed equo, ed è esente dalle affezioni particolari che ispira la parzialità.

Essere giusto, equo e imparziale, è possedere la via del re, o l’arte di regnare da re. Per questo 老子 (Lǎozǐ) dice: 公乃王 (gōng nǎi wáng) («Giusto è, e allora diventa re»).

E: La via del cielo (天道, tiāndào) è estremamente giusta. Il re, essendo estremamente giusto, la sua via può associarsi al cielo o alla via del cielo.

E: Il (Dào) nutre ugualmente tutti gli esseri; solo il cielo può imitarlo. La via del re può associarsi al cielo, e allora può imitare il (Dào).

E: Colui che possiede il (Dào) estende i suoi meriti (i suoi benefici) a tutti gli esseri, a tutte le creature. I suoi spiriti sono brillanti, vuoti, tranquilli e immobili.

Questo è il senso di B, che spiega le parole 莫甚 (mò shèn) con 终身 (zhōngshēn), «fino alla fine della vita».